L’articolo analizza il modo in cui nel periodo conciliare il card. Agostino Bea, presidente del Segretariato per l’unione dei cristiani, ha spiegato e motivato sul fronte pubblico lo sviluppo dottrinale voluto dal Vaticano II sulla comprensione cattolica del carattere ecclesiale delle Chiese e delle comunità ecclesiali non cattoliche. L’analisi mette in evidenza – tra l’altro – come Bea abbia scelto di sottacere la discontinuità dell’insegnamento del concilio rispetto a quello del magistero precedente e, tuttavia, come oggi questa opzione comunicativa non sia più né necessaria né sostenibile.
(Autore: Massimo Nardello)
