Negli ultimi decenni, soprattutto per impulso del magistero di Giovanni Paolo II, il rapporto con gli ebrei ha compiuto passi enormi. Il progresso è così significativo da condurre non solo a un aumento quantitativo degli apprezzamenti verso la religione ebraica, ma anche a un vero e proprio «mutamento di paradigma»: la «teoria della sostituzione», che dall’epoca patristica ai nostri giorni aveva affermato l’inconsistenza teologica di Israele, è oggi quasi completamente abbandonata in favore di una «teoria dell’innesto», che valorizza la permanenza di Israele come testimonianza della fedeltà di Dio verso il suo popolo e delle radici del cristianesimo stesso. Alla luce di tale mutamento, determinato dal magistero, la teologia cattolica si domanda se non sia possibile rileggere la Scrittura e la tradizione con criteri non desunti dal sostituzionismo. I due grandi eventi che nel Novecento hanno contraddetto alcuni pilastri della teoria sostituzionista, cioè la Shoah e la nascita dello Stato di Israele, possono fungere da stimolo per l’adozione di un’ermeneutica più accorta nella lettura dei testi cristiani, aiutando a distinguervi la sostanza immutabile dai rivestimenti transitori.
(Autore: Erio Castellucci)